INES (le ali ai piedi)

Ognuno di noi interpreta il senso della vita in base al proprio vissuto. Ci si alza la mattina, si va al lavoro, a scuola o in qualsiasi altro luogo. Il divertimento con gli amici, lo studio, fino a che non arriva la notte che pone termine alla solita normale giornata.
Anche Ines , al suo risveglio, pensava allo stesso modo, fino a quando si rese conto che tutte le sue certezze erano svanite.
Svanite come gli amici, l’auto stima e tutto ciò che era e poteva essere. Da quel momento si é dovuto reinterpretare, imparare a vivere una nuova vita. Istintivamente ha dovuto fare delle scelte per se stessa, non sempre ottimali, fino a scoprire che in questa vita, nessuno è veramente solo. La bravura a quel punto, è quella di riuscire a trovare il volto tra le tante maschere che la stessa vita ti presenta. Capita pure che ti sfidi e solo se ci si vuole bene si accetta.

Tutti dovremmo dire di aver vissuto una bella vita. Il suo senso, si scinde tra chi la vive e chi la guarda, dove quasi mai i soggetti corrispondono. Questo libro è dedicato a tutti coloro che, nonostante gli inciampi, lottando, possono dire di essersela goduta”

Pensieri

Non c’è cosa peggiore che stare a casa per decreto. La natura umana, sappiamo, non sopporta le imposizioni, possano essere più o meno a favore del benessere collettivo. Anche le stagioni ultimamente, hanno lo stesso comportamento. Siamo in primavera già iniziata eppure ci si ritrova in inverno. Raccontano che sia il colpo di coda di un inverno birichino. Fresco, freddo nebbia e neve. Nel frattempo l’Italia è impegnata in una lotta fino all’ultimo colpo,  contro la capacità di una corona del male, di mutare, infettare e di far soccombere la gran parte di coloro che fanno la sua conoscenza.  
Siamo tutti coraggiosi e pronti a dare il consiglio gusto, quando al caldo ed alla sicurezza della propria casa si guarda l’operato altrui. Si sorride per coloro che utilizzano le scuse più pacchiane pur di fare ciò che si vuole. Si costruiscono battute e vignette. Nel frattempo si guardano le immagini trasmesse dai telegiornali  di  persone ricoverate nelle rianimazioni,  pensando che tanto a loro non capiterà mai. In questo coraggio domiciliare  il termine che in questo periodo  è stra-usato è  eroi. Rivolto verso medici ed infermieri che stoicamente combattono giorno dopo giorno. Il termine eroe non è a mio avviso corretto. Lo vedo come l’aggettivo di chi non c’è più, o di coloro che una volta terminato questo periodo, verranno gettati nuovamente nel limbo dove, come forsennati, davano il meglio di sé nonostante la paura di essere anch’essi vittime  ( il poverino ha lottato come un eroe) Nel mio privato non c’è svago, pur essendoci la fantasia sufficiente. Nel mio pubblico invece svolgo il mio lavoro con tutte le paure del mondo, truccando la mia preoccupazione, quando con un sorriso e quando con una battuta. Non voglio essere nominato in nessun modo, ho un nome come tutti e come tutti ho il diritto di essere rispettato come lo faccio io nei confronti altrui. Cento euro in busta paga come bonus è una vera presa in giro. Questo è il valore del lavoro di tutti noi? Io spero di no.  Quando tutto sarà terminato, io ed i miei colleghi perderemo tutta questa notorietà non voluta, torneremo ad essere i porta padelle che guadagnano troppo per il lavoro che fanno. 
Non mi è mai interessato questo modo gretto di pensare. Vado avanti per la mia strada, anzi, in verità ora non posso devo rientrare a casa, devo starci per decreto. Ora il piacere della passeggiata inizia quando esco di casa e  termina  quando entro lavoro.
Capisco i miei colleghi che lavorano negli ospedali  il panico e la paura di potersi infettare, ma in ogni caso si va aventi. lo stesso.  Quando si rientra a casa lo é posseduto dalla paura doppia che possa contagiare i propri cari, figli o mogli od entrambi. Ci vuole molto poco per raggiungere lo scopo,  basta non fare solo quello che dice la testa, superare i propri istinti e stare a casa.

Arte vocale e colore

Qualche giorno fa, in un viaggio di piacere, più che modo, ho avuto il piacere di infiltrarmi  alle prove di un coro il cui nome , a ragione, è Ars Vocalis.  Non ho mai avuto occasione di vivere una simile esperienza. Va di seguito che non avevo aspettative, ma solo una sana curiosità. Alcuni dettagli li ho persi, tra quali il numero delle voci. Dopo l’ingresso alla sala, e passati i pochi minuti che la mia presenza ha creato curiosità e distratto i coristi, il maestro con delicata decisione ha iniziato a spiegare il programma di lavoro. Sarà stata la mia curiosità, sarà stata la capacità di eloquio del maestro che, nonostante fossi un estraneo a quel mondo, ho avuto la sensazione di farne parte da più tempo. I termini  croma, semicroma, colore,  li avevo solo sentiti nominare in tempi diversi e lontani, senza che mai nessuno abbia avuto qualche minuto per spiegarmi il loro significato. Salto a piè pari il riscaldamento, che a un qualunque profano, risulterebbe alquanto divertente nonostante sia altrettanto fondamentale. Dopo quel momento, la meraviglia ha preso il posto del lieve sorriso. L’ambiente ha acquisito un’altra atmosfera, più leggera e soave. Guardavo ciascun elemento e ascoltavo note e parole. Quest’ultime estremamente connesse tra di loro, prodotte con un fil di voce fluttuavano nell’ambiente accarezzandosi, regolate con maestria dal coro e di volta in volta dal leggero movimento della mano del maestro. Non nascondo che tra me e me ho provato a fare lo stesso a bassa voce.  Scartata momentaneamente l’idea ho preferito ascoltare, lasciando il canto a coloro che lo fanno decisamente meglio di me. E’ stata un bella esperienza, una di quelle che non ti aspetti e fremi per poterla rivivere il prima possibile. 

Lapis 17.01.2020

CHOLO

Cholo può essere considerata l’ultima fatica di Bruno Corradetti. E’ un romanzo che fluisce come l’acqua di fiume sul suo greto.    La trama si districa tra gli Stati Uniti e l’America centrale, quando l’innata curiosità e la sete di conoscenza spinge una coppia ad intraprendere un viaggio nell’America centrale. Lei Ella, una ricercatrice e suo marito  Paul, figlio di un bancario, si trovano catapultati tra la vita reale ed alcune credenze Maya. Tutto  ha inizio in seguito alla caduta di Paul dalla cima della piramide di Chichen Itza. Da quel momento una battaglia per la vita, alla coppia si unisce la madre Alice, richiamata in quel luogo dal suo sesto senso e da qualcosa o qualcuno con strani segnali . Senza saperlo, quel viaggio sarà per lei fondamentale, la farà tornare indietro nella memoria, permettendole oltre che di aiutare i ragazzi, di ritrovare una parte della sua vita che le era stata nascosta.